Dopo la processione, il vescovo ha parlato a San Francesco. Di seguito il testo della sua omelia.
Sant’Antonio 2017
“L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio tra le tue braccia” (2 Re, 4, 16a). Così il profeta Eliseo promette ad una donna che più volte lo ha accolto nella sua casa, come abbiamo ascoltato oggi nella prima pagina della liturgia festiva. Mi viene da paragonare la nostra Città a questa donna facoltosa che è sterile, ma sta per diventare madre. Stando ad una recente inchiesta, infatti, Rieti è tra le Città più vecchie d’Italia, con un trend demografico in caduta libera, in cui l’unico primato è quello che in essa… si invecchia bene (!). Sterile è, dunque, la nostra condizione, confermata da numerosi indici: la crisi occupazionale, la fuga dei giovani, l’isolamento dai grandi centri. E chi più ne ha più ne metta. Stasera però vogliamo guardare a sant’Antonio, dietro il quale abbiamo camminato, e fissare il bambino che ha in braccio. E’ la promessa di un miracolo che è legato ad una condizione: si diventa fecondi se si vive l’accoglienza.
Accogliere e non rifiutare, aprirsi e non chiudersi, condividere e non accumulare è stata la strada che il Santo ha percorso. Ai suoi tempi, i poveri erano tanti. I ricchi, invece, erano pochi e dominavano su ogni attività economica. L’usura era la forma di sfruttamento più comune di allora. Veniva esercitata da uomini senza scrupoli, che S. Antonio chiamava “bestie feroci che rapinano e divorano”. Il Santo divideva gli usurai in tre categorie: “i nascosti, che in numero infinito strisciano all’ombra come bisce; i pubblici, che simulano una simulata moderazione, vogliono essere misericordiosi; gli sfacciati, perfidi e rotti al vizio, che alla luce del sole, in piazza, praticano l’usura come professione: questi il diavolo se li prenda per l’eterna dannazione”. Chi sono oggi gli usurai? Gli stessi di allora: quelli che come bisce si fanno gli affari propri e si disinteressano della cosa pubblica; quelli che ostentano moderazione, ma poi al dunque non si mettono mai in gioco: quelli sfacciati che ostentano perfino la disonestà se punta al vantaggio proprio. Possiamo dire di non essere tra costoro? S. Antonio ci suggerisce un esame di coscienza semplice e concreto: cosa faccio per gli altri? Quanto mi sta a cuore la Città? Che cosa sono pronto a dare perché possa rinascere? Dopo il recente ballottaggio, cui hanno partecipato quasi più candidati che elettori, qualche domanda è pertinente. Mentre formuliamo gli auguri al Sindaco della Città, Antonio Cicchetti, non senza aver ringraziato chi lo ha preceduto, una domanda si impone per tutti: come fare perché Rieti possa rinascere e autenticare la sua stessa parola che significa: madre di Roma?
Come e non cosa fare. Perché al netto delle idee e dei progetti ciò che fa la differenza resta come siamo. E cioè se pensiamo al futuro dei figli o all’immediato presente. C’è stato chi ha detto: “un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione” (A. De Gasperi).
Foto: RietiLife ©