Questo è il servizio che Repubblica, a firma Paolo Brera, ha dedicato all’Amatrice Calcio: domani a Quattro Strade i ragazzi del borgo più colpito dal sisma giocano la penultima giornata di Terza categoria contro il club di casa, nella sfida che con ogni probabilità deciderà la stagione.
(da repubblica.it) “Permesso, ho un appuntamento con la Storia”, sorride l’ingegner Romeo Bucci, l’allenatore dell’Asd Amatrice calcio, spalancando le porte dello spogliatoio alla vigilia della partita che vale un sogno: “A due giornate dalla fine siamo secondi a un punto e sfidiamo la prima. Ci tremano le gambe, ma se vinceremo domani a Rieti… conquisteremo il campionato di terza categoria con 24 ragazzi, due tecnici e un presidente terremotati”. Non hanno più il campo, non hanno più una città ad applaudirli; eppure eccoli lì, a un millimetro dalla vetta.
Gente che per ogni allenamento percorre centinaia di chilometri arrivando da roulotte e alberghi, da container e appartamenti in affitto in tre regioni. Ma non sarà facile, battere il “4 Strade del Sacro cuore”, il nome impossibile della squadra di ex stelle del calcio minore di Rieti. “Sono forti, sono tutti ex giocatori di categorie superiori, ma all’andata in casa li abbiamo già battuti”, racconta Bucci. “E poi i ragazzi sono carichi da matti, sentono nella pelle la grande impresa”, nata per caso, mica per vincere davvero. Quando hanno iscritto la squadra, all’indomani del sisma che ha ucciso 235 persone nel territorio del Comune – un residente ogni dieci – a tutto pensavano fuorché a trovarsi a tu per tu con la promozione.
“Era un modo per distogliere l’attenzione. Abbiamo fatto una riunione nel magazzino del presidente”, lo “smorzo” dei materiali edili di Amatrice. “Sono venuti in dieci. Abbiamo proposto di iscriverci: ragazzi, ho detto, andiamo solo a giocare, niente allenamenti, uno svago e basta”. I due campi non esistevano, e non esistono più: uno ospita la mensa, l’altro le prime 25 casette faticosamente consegnate. Ma la voglia di stare insieme c’era ancora. “La solidarietà ci ha teso la mano – continua Bucci – il Borbona ha ritirato addirittura la squadra per offrirci il campo: abbiamo avuto altre adesioni, i ragazzi hanno creato un gruppo su WhatsApp. Al primo e unico allenamento, prima del campionato, venne giù il diluvio e finimmo dritti in birreria. Decidemmo di fare un solo allenamento il mercoledì. Era già difficile, la gente si era accampata come poteva, ma col secondo terremoto di fine ottobre divenne impossibile: ad Amatrice non rimase quasi nessuno, io stesso mi sono trasferito con la famiglia in un albergo a San Benedetto del Tronto”.
Eppure, non ci sono stati passi indietro. “Vincevamo, vincevamo tanto…”. Sempre più convinti, sempre più coinvolti. “Altri giocatori si sono uniti, si è formato un gruppone con la voglia di ritrovarsi in campo. Sai, giochi per il tuo paese dove ti vedevi tutti i giorni al bar, dal panettiere… Oggi come ti rivedi? Ecco perché vinciamo”. Ognuno con le sue ferite. “E quando le ferite fanno troppo male, ci si ferma”. Si è fermato Roberto Spurio, il secondo portiere che nel terremoto ha perso la mamma, i nonni e gli zii. “È venuto per un po’, poi ha smesso. È dura – dice Bucci – ha 18 anni, era il primo a arrivare e l’ultimo a andarsene ma… Era troppo scosso, non ce l’ha fatta; non riesce a distrarsi. Ma giochiamo anche per lui, le porte sono aperte, lo aspettiamo appena se la sentirà di nuovo”.
Ora serve un’impresa. Bisogna battere le ex stelle in trasferta, e ieri il tecnico ha radunato le fila al campo del Borbona e ha dettato le strategie. C’erano quasi tutti, compresi “i ritardatari giustificati” arrivati apposta da Roma. C’era “Tonkio” Bulzoni che vive nella New Town dell’Aquila, Lauri e De Santis dagli hotel di San Benedetto, Piroli e Fontanella da Rieti…
“Qui è come Coverciano, arrivano da mezza Italia”, sorride Bucci. Domani alle 15, a Rieti, l’Amatrice si gioca il suo anno incredibile. “Se vinceremo saremo primi con due punti di vantaggio, e poi ci resta solo una partita in casa dove finora le abbiamo vinte tutte”, incrocia le dita il presidente, Tito Capriccioli. A ottobre, alla prima di campionato, gli squillò il cellulare. “”Buongiorno, sono Sergio. Sergio Mattarella”. Non ho capito più niente, sono rimasto di sasso. So solo che ci ha invitato al Quirinale, a fine campionato. E vogliamo andarci da vincitori”. “E poi – aggunge Bucci – se vince il 4 Strade è solo una delle mille squadre ad aver vinto un campionato di terza categoria. Ma se vinciamo noi, ti immagini? Lo racconteremo ai nipoti”.
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