In un lungo post su Facebook, Gaetano Papalia spiega il suo punto di vista sul nuovo stadio della Roma di Tor di Valle, da settimane al centro del dibattito politico della Capitale.
In questi ultimi 3 o 4 anni è accaduto spesso che negli articoli di stampa dedicati al progetto dello stadio della AS Roma sia comparso il mio nome per indicare il venditore dell’area di Tor di Valle, il bancarottiere Gaetano Papalia. Specie ai detrattori del progetto, è piaciuto imprimere all’operazione urbanistica una sorta di marchio originario di infamia. Bancarottiere, per i media, lo ero diventato già con il semplice avviso di garanzia, nonostante l’imputazione riguardasse la mia attività di amministratore delle società di gestione degli ippodromi di Roma, di Napoli e di Firenze (per quest’ultima il processo si è concluso in forma abbreviata con la mia assoluzione perché il fatto non sussiste) e che nulla avesse a che fare con la vicenda della cessione dei terreni da parte di altra società pur se appartenente alla mia famiglia.
Leggere il mio nome sempre accompagnato da quel “titolo” é davvero poco lusinghiero, una condanna a dir poco avventata se si considera che i processi per bancarotta relativi agli ippodromi di Roma e di Napoli ancor oggi sono soltanto agli inizi del primo grado di giudizio. Sono ovviamente più che certo di poter dimostrare l’infondatezza delle accuse che mi sono state mosse, così come è già accaduto (oltre che con la anzidetta mia assoluzione dall’imputazione di bancarotta della società di gestione degli ippodromi di Firenze) sia con la sentenza di “non luogo a procedere” del GUP del Tribunale di Roma avverso una richiesta di rinvio a giudizio per la presunta illiceità di una ristrutturazione aziendale di cui si è accertata invece l’assoluta correttezza e trasparenza e sia con la definitiva archiviazione dell’indagine che la Procura della Repubblica di Firenze ha svolto per quasi 5 anni, ipotizzando a mio carico un reato di truffa ai danni dello Stato, sempre per le stesse identiche attività di gestione degli ippodromi, con tanto di sequestro di tutti i miei beni personali. Un’ipotesi criminosa questa, completamente smontata dal Tribunale del Riesame e dalla Suprema Corte, ma ahimé troppo tardi. Tra perquisizioni e sequestri, la sconclusionata indagine, prima che venisse archiviata, aveva già determinato, con un drammatico ed inarginabile effetto domino, i fallimenti delle 5 società delle quali ero amministratore o azionista.
Sono giunto a 61 anni, dopo 35 di attività manageriale ed imprenditoriale, con un certificato penale intonso, facendo dell’onestà materiale ed intellettuale il mio principio ispiratore di vita e della professione, per poi ritrovarmi a questa età nell’improbabile ruolo di genio del male. Sono stato sempre orgoglioso di non aver mai licenziato un dipendente nel corso della mia carriera, certo della funzione sociale della proprietà privata e della necessità che ogni attività aziendale dovesse avere una significativa ricaduta positiva sul territorio di appartenenza.
Rivendico per intero la mia correttezza e sento, proprio per questo, di avere tutto il diritto di indignarmi per la superficialità e per l’arroganza con le quali l’ex assessore all’urbanistica di Roma Capitale Paolo Berdini ha più volte liquidato il comprensorio di Tor di Valle come “il più sbagliato”. Fortunatamente di parere totalmente opposto è stato il capostipite della nostra famiglia, il Cavaliere del Lavoro Gaetano Turilli, allorché alla fine degli anni 50, decise di realizzare, in quei “sbagliati” 54 ettari, il nuovo ippodromo romano del trotto in sostituzione dell’impianto ippico di Villa Glori, smantellato a sua volta per far posto al villaggio degli atleti dei Giochi Olimpici programmati a Roma per il 1960. Eppure a quei tempi le condizioni idro-geologiche di quell’area non erano diverse da quelle odierne e se fosse vero che oggi vi sia un rischio di esondazione del Tevere, vuol dire che che anche allora incombeva un tale pericolo. Tuttavia neanche le associazioni ambientaliste sollevarono alcuna eccezione e non credo che fossero insensibili al fatto che 700 cavalli stanziali avrebbero potuto correre il rischio di annegare in quel posto “sbagliato”. Se oggi per Berdini Tor di Valle è una landa deserta, figurarsi come poteva apparire agli inizi degli anni 60 quando il quartiere del Torrino non esisteva affatto.
Altro che scommessa! Chi avrebbe potuto prevedere l’afflusso di pubblico nel nuovo ma isolato ippodromo al margine del Grande Raccordo Anulare? Mio zio, da vecchio capitano di industria, ci credette ed ebbe ragione. Non solo. La sua scelta aveva finito per valorizzare l’area ed il territorio circostante. Non vi era alcun rischio di esondazione del Tevere (da sempre escluso dall’Autorità di Bacino del fiume), ma si sapeva che la leggera depressione dei terreni, in caso di piogge sovrabbondanti e concentrate in poco tempo, avrebbe potuto creare temporanei problemi di praticabilità delle piste. Fu perciò sufficiente installare due idrovore per assicurare la perfetta e continuativa fruibilità dell’impianto ippico. Le due semplici pompe idrauliche si attivavano quando la pioggia diventava particolarmente insistente, riversando l’acqua in eccesso nel collettore posto lungo la Via del Mare al confine con l’area di proprietà. Si tratta di due idrovore, ancora esistenti e funzionanti, ben segnalate nella cartografia della zona, ma che pare non debba essere stata nemmeno guardata dall’ing. Berdini, dal momento che non conosceva l’esistenza dei due macchinari idraulici. Più volte l’assessore ha fatto riferimento alla necessità di collocare nell’area una idrovora, enfatizzando l’onerosità estrema, a carico del Comune, dei costi di funzionamento e di manutenzione, dimostrando in tal modo di non saper nulla di quella che invece era l’esiguità di spesa corrente che una pompa automatica comporta.
Agli inizi degli anni 90, io stesso disposi la rimozione e la sostituzione di tutti i tetti in Eternit delle circa 900 scuderie in muratura, facendo incapsulare e smaltire da una ditta specializzata ed autorizzata tutto l’amianto presente nell’area, per una spesa complessiva che, a quei tempi, superò i 600 milioni di lire. Una doverosa iniziativa nel rispetto della legge e della salute delle centinaia di persone che lavoravano quotidianamente all’interno dell’ippodromo.
La struttura immobiliare esistente era stata concepita per essere destinata esclusivamente ad ippodromo ed una sua riconversione ad altra finalità sportiva o terziaria in genere non appariva ipotizzabile nel momento di maggiore necessità, quando cioè l’intera ippica italiana stava oramai collassando sotto i colpi delle video-lottery, delle slot-machine, dei bingo e delle scommesse sui sezionabili eventi degli altri sport. Per me e per la mia famiglia Tor di Valle era più che un ippodromo, era la casa. Negli ultimi 15 anni vi ho vissuto, abitando nella palazzina del recinto-scuderie. Gli anni più belli li ho vissuti lì ma l’impossibilità economica di mantenere in buone condizioni un comprensorio così vasto ed articolato ha obbligato me e la mia famiglia a privarcene dopo oltre mezzo secolo. Sono fiero di aver candidato io stesso nella primavera del 2012 alla Cushman & Wakefield l’area di Tor di Valle quale location dello stadio di cui la AS Roma aveva intenzione di dotarsi. Sono stato ancor più felice che la nostra area sia stata scelta tra le 70 selezionate.
La migliore sotto ogni punto di vista. L’idea dello stadio a Tor di Valle risale però già al 2009 (ante vendita a Parnasi) e ne discussi a lungo con la società SMART srl di Rossella Sensi, ma la mancanza di risorse della AS Roma, per gli alti costi delle necessarie opere di urbanizzazione, non consentì di portare in porto l’operazione. Luca Parnasi nel 2010 sottoscrisse un preliminare di acquisto dell’area dove inizialmente progettò e sottopose alla XII Circoscrizione un insediamento residenziale. Fui io nel marzo 2012 a prendere l’iniziativa di proporre alla Cushman&Wakefield di valutare l’idoneità di Tor di Valle ai fini della localizzazione del nuovo stadio.
Dopo l’indicazione della società di valutazione, Parnasi strinse l’accordo con James Pallotta (ufficializzato con la doppia e contemporanea conferenza-stampa di Orlando e di Trigoria, nel dicembre 2012) e solo successivamente nacque l’idea del Business Park, necessario ai fini della copertura degli oneri di urbanizzazione e consentito, come “parco tematico” dalla vigente normativa urbanistica. Il progetto Tor di Valle prevede la sostituzione di un vecchio ed ormai antieconomico impianto sportivo con un altro moderno e produttivo, senza che si debba cambiare destinazione urbanistica in quanto l’area è in categoria G5 (ex G4 Impianti Sportivi) che il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) ha reso compatibile con la realizzazione di un “parco tematico”. Questa pertanto la genesi e l’evoluzione della vicenda Tor di Valle, che non nasce come operazione di mera speculazione, né lo è diventato successivamente considerati i paletti imposti dalla normativa di riferimento.
L’operazione si rivela in realtà di elevato prestigio, come è stato dimostrato dallo studio dei suoi effetti socio-economici, condotto dalla Facoltà di Economia e Commercio dell’Università La Sapienza di Roma. Ma tutto questo non piace a Caltagirone, nemico giurato dei Parnasi. Da almeno due anni ce lo ricorda con cadenza media settimanale dalle colonne del suo Messaggero. Il re dei cementificatori di Roma fa scendere in campo tutti i suoi cortigiani ed il suo impegno contro la pioggia di cemento del progetto Tor di Valle fa stringere il cuore a quelle associazioni ambientaliste che si azionano come i jukebox. Non piace a Caltagirone e neanche a Paolo Berdini, detto “il Griso” per aver più volte ammonito che “questo stadio non s’ha da fare, né domani, né mai”.
Ma in sostanza perché tanta avversione? Questione di eccesso di cubature? La c.d. legge sugli stadi regola la materia sulla base del criterio del pareggio degli oneri di urbanizzazione necessari. Questione di numeri e non di opinioni. In tal senso per verificare la congruità della proposta progettuale sarebbe stato sufficiente che il Comune avesse commissionato il calcolo del break-even (cubatura aggiuntiva=copertura oneri di urbanizzazione) ad una primaria società di consulenza economico-finanziaria come la Deloitte, la KPMG o la PriceWaterHouse&Coopers.
Discordanza sulla tipologia delle opere gratuitamente devolvibili?
Raggiungere un’intesa sugli interventi di pubblica fruizione non può essere obbiettivamente così difficile come si vuol dare ad intendere.
Esistenza di rischi idrogeologici? L’Autorità del Bacino del Tevere li esclude e lo sanno bene tutti che il Fosso di Vallerano non insidia l’area di Tor di Valle. L’ing. Berdini però ha mischiato tutto perché per lui, che con poca lungimiranza osteggiò fino allo spasimo la realizzazione della linea di alta velocità Roma – Milano, Tor di Valle “è il posto più sbagliato del mondo”. Un atteggiamento così sprezzante non può essere consentito a nessuno. Tor di Valle non è stato solo un grande impianto sportivo, ma soprattutto un palcoscenico in cui per oltre mezzo secolo è andata in scena un pezzo di storia di Roma, fatta di quotidiana umana laboriosità, di passioni e di sacrifici da parte di tanti uomini e donne, di ricordi indelebili e di autentici entusiasmi che devono essere assolutamente rispettati, evitando ogni tipo di speculazione sia intellettuale che materiale da parte di tutti i protagonisti, nessuno escluso, del nuovo corso di Tor di Valle.
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