(di Matteo Carrozzoni) Quando la crisi sismica che ha severamente colpito l’area dei comuni di Amatrice, Accumoli ed Arquata del Tronto sembrava ormai in fase calante, una nuova sequenza sismica si è abbattuta sui territori intorno a Norcia e Preci, danneggiando gravemente luoghi come l’antica cittadina universitaria di Camerino e le stazioni montane di Visso e Ussita.
Questo ulteriore evento non risulta particolarmente anomalo in quanto, come asserisce il professor Emanuele Tondi, docente della facoltà di Geologia di Camerino e noto ricercatore del settore: “Quando una faglia si attiva, genera instabilità in una vasta area, con la possibilità che si riattivino altre faglie sismogenetiche”, in una sorta di effetto domino.
Secondo le ricerche sul comportamento meccanico e fisico delle faglie, nel momento in cui queste si attivano, determinano un incremento degli sforzi lungo la loro direzione, andando ad influenzare ed innescare sistemi di faglie contigue. Questo, a quanto pare, sta accadendo in direzione nord, allontanando gli epicentri dal territorio reatino, anche se le scosse continuano ad essere avvertite nettamente, come del resto in tutto il centro Italia.
Proprio grazie ai suoi studi sulla meccanica delle faglie, infatti, dopo il terremoto che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009, Tondi indicò ai suoi studenti che il prossimo serio evento sismico si sarebbe potuto verificare nell’area di Amatrice. Sempre secondo la sua personale valutazione, dopo il sisma amatriciano, la zona con la probabilità maggiore di generare un terremoto, sarebbe stata quella a nord di Norcia, nell’area di Preci, ipotesi che, come tutti abbiamo potuto constatare, hanno purtroppo trovato riscontro alle 3.36 del 24 agosto e tra le 19 e le 24 del 26 ottobre, quando due eventi di magnitudo di 5.4 e 5.9 hanno sconvolto quella zona di confine tra l’Umbria e le Marche.
Tondi non ha previsto il “quando” dei terremoti, ma il “dove”. Queste previsioni sugli eventi sismici si basano sullo studio delle faglie attive, in particolare di quelle lungo la zona assiale dell’Appennino. L’analisi delle loro caratteristiche permette di prevedere dove avverrà il prossimo terremoto e la sua massima magnitudo ma NON dà la possibilità di sapere quando questo potrà accadere, a causa di una enorme serie di variabili.
Per questo motivo, i geologi, insieme agli ingegneri strutturali, con i quali eseguono indagini per valutare la vulnerabilità degli edifici, non si stancano mai di ricordare che l’unico modo per prevenire i danni è la messa in sicurezza delle abitazioni, cosa che probabilmente, ha evitato a questo ultimo evento di produrre vittime, in quanto molte strutture di quella zona erano state adeguate sismicamente a seguito del terremoto di Sellano-Colfiorito del 1997.
La mancanza di numerose certezze nell’ambito della sempre poco incoraggiata e finanziata ricerca nel campo della sismologia, come del resto in gran parte della ricerca scientifica, non ha permesso di comprendere che, sia nel sisma di Preci che in quello aquilano, le piccole scosse non erano uno sciame sismico, che può iniziare e terminare senza eventi rilevanti ma l’inizio di una sequenza, quindi caratterizzata da eventi precursori, da una scossa principale di magnitudo alta e poi da una serie di scosse cosiddette di “assestamento”.
In attesa che la ricerca scientifica faccia nuovi progressi, l’Italia rimane però in una condizione di semi impotenza nei confronti dei movimenti tellurici e dei loro effetti. Recentemente l’ingegner Antonello Salvatori, perito “crolli” de L’Aquila, ha parlato chiaramente: non esiste edificio, anche storico, che non possa essere messo in sicurezza sismica. Anche i muri più malandati possono essere bloccati e gli elementi portanti collegati tra loro. I dissipatori di energia che si inseriscono sotto le fondazioni sono un brevetto italiano usato in tutti i paesi sismici del mondo, tranne che in Italia.
Il Governo dovrebbe essere consapevole che l’Italia ha l’occasione di rialzarsi in piedi economicamente e di mettere al sicuro i propri cittadini per sempre, con una grande operazione di adeguamento sismico del paese; con incentivi e defiscalizzazioni alle aziende e ai privati e intervenendo sugli edifici pubblici. Si metterebbe in moto una grande macchina economica e si eviterebbero future stragi e distruzioni, perché ce ne saranno ancora, ogni volta che un sisma importante toccherà altri centri abitati, fin quando non si darà priorità alla prevenzione, come in gran parte dei paesi sismici del pianeta.
Foto: Emiliano GRILLOTTI © Campi di Norcia