(di Sabrina Vecchi) Pensi ad Antonello Venditti, e pensi a Roma. Pensi a Roma, e gira gira un passaggio mentale su Antonello Venditti ce lo fai. Una città ed un personaggio legati a doppio filo. Il cantautore romano, senz’altro uno dei più prolifici del panorama musicale italiano, torna live con “Tortuga”, album di inediti nuovo di zecca da lui stesso definito “un disco tecnologico con un’idea di suono moderna, ma era inevitabile un contatto con il mio passato”.
E il suo passato, – che ne parlamo a fà – sta tutto a Roma. Sold out da giorni la tappa capitolina di stasera, in cavea all’Audiotorium Parco della Musica, per la quale anche una folta delegazione reatina è in trepidante attesa. In contemporanea, è uscito il secondo libro del cantautore, edito Rizzoli, “Nella notte di Roma”. Poco sforzo di fantasia in effetti nel titolo – e viene subito in mente l’esilarante parodia di Corrado Guzzanti in cui Venditti appare incapace di pronunciare tre parole di fila senza citare la Capitale -, ma il libro, innegabilmente, è avvincente e molto ben scritto. E fa riflettere profondamente sulla Roma di oggi, sui suoi vizi, sui suoi rituali, sui pregi e i difetti che la caratterizzano e che l’artista conosce a menadito.
Bagno di folla ieri per la presentazione del volume in un grande centro commerciale romano – ça va sans dire – dove ad Antonello Venditti hanno chiesto un selfie praticamente anche i carrelli. Abbronzatissimo e corvino, Rayban a goccia e camicia svolazzante come da immaginario collettivo, lo schivo Venditti è stato perfettamente nel ruolo del divo-antidivo, colui che dai meccanismi conformistici di massa è sempre fuggito in silenzio, parlando a tutti, ma proprio a tutti, attraverso le sue canzoni. Per ognuno una parola, un sorriso sornione, una battuta in romanesco, di fondo la consapevolezza di essere un pezzo di storia della città che si aspetta ancora molto da lui.
Venditti sorvola sul neo sindaco Raggi ma confessa di avere tante idee per Roma, pur non essendo tagliato per i compromessi della politica. Ed ai fans suggerisce di affrontare le problematiche con purezza ed onestà, facendo il proprio dovere di cittadini al meglio, perché solo così le cose andranno per il giusto verso, a Roma e ovunque. Nella manciata di minuti di conversazione privata, dopo una serie di confidenze che perdonatemi terrò per me, Venditti mi ha confessato di amare molto i nostri luoghi, ma di non venire rammaricandosene a Rieti ormai da anni (sindaco Petrangeli, sei pure romanista, fai qualcosa). “So che siete messi male coi trasporti Rieti-Roma…”- “…senza ferrovia” – “è pazzesco!” , già è pazzesco, caro Venditti… Ma lui incalza e prende un’altra, l’ennesima Marlboro rossa dal pacchetto: “Non dobbiamo mollare, dobbiamo unirci come adesso, cantare insieme, gioire insieme, perché solo stando uniti e vivendo onestamente ce la faremo. A proposito, io sto qui per il libro e non ho musicisti con me, ma se la famo ‘na cantatina, così, a cappella?” E famosela ‘sta cantatina Antonè. E senza passare dal via è esplosa l’emozione di quella voce inconfondibile e profonda che riconosceresti ovunque, che ha bloccato le famiglie che andavano far la spesa, e fatto scendere la lacrimuccia alla guardia giurata che cercava malamente di celarla per ragioni di servizio. Perché Venditti è questo. Voleva esserci per tutti, anche per i più lontani, e dal suo calibro non ha esitato a cantare dal vivo ed a sorpresa in un centro commerciale senza neppure uno straccio di accompagnamento. Brano prescelto? L’inno della Roma ovviamente. Perché lui prima che un artista è uno de core. Core de sta città.
Foto – Video: VECCHI ©