(di Sabrina Vecchi) Si parla spesso di Rieti a casa Zeffirelli. Sì, a casa di “quel” Zeffirelli. Il reatino Federico Miluzzi, classe 1987, è da oltre 5 anni uno dei più stretti collaboratori del Maestro Franco Zeffirelli, classe 1923, classe intesa come stile di vita e di lavoro: da vendere.
Federico vince la sua riservatezza e racconta a RietiLife come il rapporto con il grande regista sia andato pian piano intensificandosi diventando con gli anni più confidenziale, al punto da parlare frequentemente con il Maestro dei nostri territori e – inevitabilmente – di San Francesco, di cui Zeffirelli nel 1972 fu uno dei primi a narrare cinematograficamente le gesta con il capolavoro “Fratello sole, sorella luna”. Ed è grazie ai racconti di Federico su Rieti, non ultima la visita a Greccio di Papa Francesco – amatissimo dal regista – che Franco Zeffirelli accetta di concedere una delle sue rarissime interviste proprio a RietiLife.
Maestro, oggi San Francesco è tornato di attualità e quasi “di moda”, ma non era così quando lei scelse di dirigere un film sulla sua vita: fu un’operazione inconsueta per l’epoca che aprì un filone di genere. Come maturò l’idea?
“Era nelle mie viscere da sempre, era un continuo pregare San Francesco, sentirlo come un fratello a fare la guerra, era un personaggio vicinissimo al mio spirito. Ricorrevo a lui molto spesso e mi accorsi di quanto fosse semplice affrontare la vita seguendo il suo esempio, era un miracolo di semplicità. L’idea nacque spontaneamente ed è sempre stata in me, non rimaneva che aspettare il momento giusto”.
Quale fu la caratteristica che la convinse a scegliere Graham Faulkner rispetto ad altri per il ruolo del protagonista? Era già simile a lui la visione mentale che aveva di San Francesco o la compose in fase di realizzazione?
“Non feci un concorso di bellezza ma di carisma. Graham non era certamente un modello di virtù, solo che lui diventava San Francesco ogni volta che lo vedevo affrontare situazioni, domande o problemi. Aveva un modo tutto suo di reagire, lo guardavo spesso e mi incantavo. Un ragazzo semplice e un attore straordinario che sorprese tutti noi quando lo vedevamo in azione come Francesco. Ho sempre pensato, dal primo momento in cui lo vidi, che fosse stato Dio a metterlo sulla mia strada. Ho adorato Graham anche perché era un’immagine a volte disturbante, era semplicemente perfetto per quel ruolo”.
Il suo cinema è ricco di riferimenti autobiografici: quanto c’è della personalità di Franco nella sua versione della vita di Francesco?
“Molto e nulla in realtà, non so definirlo. Francesco ha rotto le regole dell’equilibrio del vivere. Io entrai in un mondo di fantasia, di spiritualità, conoscendolo così intimamente. Ma la verità è che Francesco è una strada da seguire ed ho cercato di ripercorrere la sua vita con un occhio pronto a scegliere sempre fra il bene e il male”.
Il suo approccio verso la spiritualità è mutato dopo quel film?
“È stata un’occasione per frugare dentro me stesso ed essere più vicino al raggiungimento di obiettivi umani prima ancora che lavorativi. La mia spiritualità è automaticamente mutata durante le riprese del film”.
E dopo l’arrivo del Papa, che ha scelto questo nome? L’ha percepito come un segnale? Lei racconta che Bergoglio, ancora in America Latina, vide “Fratello sole, sorella luna” e ne rimase positivamente colpito poiché “aveva l’atteggiamento giusto verso i preti”. Ora che lo ha incontrato da Pontefice, siete tornati sull’argomento? Le ha spiegato cosa intendeva all’epoca per “atteggiamento giusto”?
“Mi attrasse molto la decisione di Bergoglio nella scelta del nome Francesco. Provai subito un affetto per lui che mi riportò agli anni felicissimi della mia gioventù. Ho avuto l’occasione di conoscerlo e sono rimasto impressionato dalla sua forza e la sua semplicità, è un’immagine rassicurante e paterna. Abbiamo parlato di cose molto personali, delle nuove generazioni, del futuro e del passato, ma non posso spiegarle nel dettaglio il senso della nostra conversazione. Credo che quest’uomo possa cambiare radicalmente il senso del vivere la spiritualità e possa continuare ad essere un innovatore-rinnovatore”.
È vero che parlò ai Beatles di San Francesco e ne rimasero affascinati ed ispirati?
“Li incontrai per parlargli del progetto che avevo in mente. La mia idea era quella di realizzare un musical con i Beatles che ancora non erano completamente esplosi. Loro furono immediatamente entusiasti e molto interessati. Accettarono ma ci furono dei problemi riguardanti i tempi di realizzazione del progetto. Peccato, sarebbe stato un qualcosa di rivoluzionario, ma non posso lamentarmi visto l’enorme successo di “Fratello sole, sorella luna”.
San Francesco continua ad ispirare gli artisti e piace particolarmente ai giovani. Come se ne spiega le ragioni?
“I giovani amano avere amici come San Francesco. Perché offre un modello meraviglioso, attrae a sé ogni tipo di persona. Le nuove generazioni continueranno ad avere una forte attrazione per il suo insegnamento semplicemente perché sognano di avere la sua stessa forza e fermezza di spirito e di pensiero. Chi, con fatica, riesce a capire l’importanza di San Francesco avrà una strada fondata sui valori del bene”.
Non è un buon momento per la cultura italiana. A suo avviso cosa devono fare le istituzioni e come ognuno di noi può contribuire nel proprio quotidiano per salvaguardarla?
“Il problema della cultura italiana è che tutti sono pieni di propositi che alla fine o non sono buoni oppure trovano strade sbarrate per problemucci di mediocrità o burocrazia. Bisogna che le istituzioni si lascino andare ai sogni, ai giusti sogni. La cultura risente immediatamente dei soffi positivi, di personaggi interessanti e di idee stimolanti”.
Lei ha conosciuto e frequentato donne, grandi artiste…ce n’è una più di altre che ha un posto privilegiato nei suoi ricordi?
“Le grandi donne sono tutte diverse tra loro, difficile sceglierne una soltanto. Fin dall’infanzia una donna cerca la perfezione. Comunque non c’è stata nessuna al mondo come la Callas, che è al di fuori di ogni concorso. Maria è stata una creatura di Dio, un’artista di un talento sconfinato contrapposto ad una vita di enormi sfortune. Ho spesso diviso il mondo in A.C. e D.C., avanti Callas e dopo Callas ovviamente”.
Sa che nella vita di San Francesco le nostre zone hanno svolto un ruolo determinante? È mai stato in uno dei nostri santuari o nella nostra città che possiede anche un meraviglioso teatro, luogo privilegiato per lei?
“Conosco bene l’energia positiva che le vostre zone donarono a Francesco. Il santuario di Greccio ne è ancora una splendida testimonianza. Ho visitato la città di Rieti soltanto una volta ma ricordo con molto piacere il grazioso centro storico, le mura e l’allegria che regnava tra i suoi abitanti. Vi auguro un futuro pieno di gioia”.
Foto per gentile concessione di Franco Zeffirelli ©