(di Sabrina Vecchi) Il freddo sicuramente c’era, il gelo fortunatamente un po’ meno, ma le stelle sulla grotta c’erano proprio tutte e la magia del presepe non poteva che ripetersi. Greccio ha vissuto la sua notte più lunga ed emozionante, rievocando quella che visse nel 1223 il poverello S.Francesco che volle, fortissimamente volle, ricreare in quei luoghi naturalmente tanto simili a Betlemme la scena della natività. Da allora i grecciani ed i frati del santuario onorano la memoria storica mettendo in scena una rappresentazione teatrale all’aperto, con tanto di costumi e scenografie fedeli all’epoca, al fine di divulgare gli episodi salienti che portarono il poverello di Assisi a dar vita al presepe vivente, semplicissimo e di estrazione improvvisata e contadina, eppur eccellente evocatore di un messaggio di disarmante potenza.
Sugli spalti, mimetizzato con piumino e cappello tra spettatori intirizziti ma partecipi, Domenico Pompili ha trascorso la sua prima notte di Natale da vescovo della Diocesi di Rieti, prima di celebrare la solenne messa di mezzanotte in santuario insieme ai frati francescani. “Greccio è una memoria scomoda e noi dobbiamo riappropriarcene” – ha detto durante l’omelia -, “perché Francesco attraverso la creazione di una scena ridotta all’essenziale ci offre la possibilità di arrivare a Dio senza vederlo, ma percependolo, intuendolo ed ascoltandolo proprio tramite una forma disadorna che permette di risvegliare la propria identità e la propria fede. Perché la semplicità della scena del presepe affascina proprio tutti, credenti e non credenti”.
Dopo la messa, è ormai notte fonda quando, ormai tra pochi, ci si scambiano baci e auguri sul sagrato, ed il decano del convento Padre Domenico distribuisce buffetti sulle guance, pandoro e spumante per rinfrancare corpo e spirito. Come se di ulteriore dolcezza, ci fosse stato ancora bisogno.
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