Stefano Rosati, socio dell’Associazione Riconquistare la Sovranità – sezione di Rieti, condivide con i lettori di RietiLife una riflessione sul rapporto tra ospedali e realtà locale che rappresenta lo svolgimento delle posizioni della associazione (cfr. documento allegato).
La verità sugli ospedali. Il quadro complessivo della sanità reatina è sconfortante.
Sono ormai diversi anni, infatti, che l’ospedale di Rieti è sovraffollato e inefficiente, ridotto per alcuni versi a poco più di un’accozzaglia di ambulatori, mentre l’ospedale di Amatrice rischia continuamente di essere chiuso.
Al termine di una vicenda intricata e umiliante per la collettività locale, nel 2011 il commissario ad acta della Regione Lazio ha deciso di chiudere l’ospedale di Magliano Sabino, malgrado questo costituisse presidio medico di prossimità per un comunità di circa 40.000 abitanti e pesasse solo lo 0.06 % sul fondo sanitario regionale. Oggi, dell’istituzione ospedaliera, “ residuano” due ambulatori: uno per le emergenze meno gravi, l’altro per i malati cronici.
Malgrado la sanità non rientri propriamente tra le competenze del Comune, la comunità locale è molto interessata al mantenimento di ospedali sul territorio e rivolge ai politici locali le proprie istanze.
È tempo, quindi, che ai cittadini venga raccontata la verità sulla situazione degli ospedali reatini, evitando bugie e promesse che, invece, hanno costituito il leitmotiv di campagne elettorali di ogni colore politico.
La prima domanda che bisognerebbe porsi di fronte a questa questione è: “perché gli ospedali chiudono o il loro personale viene ridotto?”. C’è chi dice che dobbiamo risparmiare per via della crisi economica, chi invece sostiene che lo dobbiamo fare perché in passato c’è stata troppa corruzione, altri ancora ritengono che un presidio ospedaliero per ogni paese sia un terribile spreco di denaro pubblico oppure c’è addirittura chi sostiene che non ci sia abbastanza personale. Tutte bugie.
Per comprendere perché gli ospedali chiudono è necessario partire da Bruxelles e dalle politiche liberiste e regressive che ci vengono imposte dall’Unione Europea. Essa impone due regoli fondamentali: la prima stabilisce che lo Stato intervenga il meno possibile nell’economia, lasciando libero spazio all’iniziativa privata; la seconda impone il raggiungimento del pareggio di bilancio tramite l’abbattimento del debito pubblico, ossia obbliga lo Stato a risparmiare, facendo tagli a diversi servizi pubblici (in questo caso la sanità) e a non poter reinvestire quanto risparmiato. Queste sono le due motivazioni principali per cui gli ospedali chiudono o non viene assunto abbastanza personale.
Pertanto la corruzione non c’entra nulla, non abbiamo finito i dottori o gli infermieri e resta incomprensibile come si possa parlare di “sprechi” quando è in gioco la salute dei cittadini. Tutto ciò ovviamente viene fatto per dare maggiore libertà d’investimento ai privati, per i quali il primo pensiero è il profitto e non la salute dei cittadini, pertanto avremo servizi più costosi che non tutti potranno permettersi, e lavoratori del settore sottopagati.
Tutto questo sta già accadendo e non è un accidente, come alcuni vogliono farci credere, ma è il risultato di un processo espressamente voluto e perseguito dall’Unione. Una volta che si è compreso questo meccanismo la domanda che ci si deve porre è: “come possiamo risolvere questa situazione?”. La soluzione è drastica e può sembrare un’impresa epica, ma non ve ne sono altre. Se vogliamo veder rispettato il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, la quale viene puntualmente violata dai trattati europei, l’unico modo è abbandonare l’Unione Europea e le sue folli regole che hanno portato soltanto povertà, disoccupazione e carenza di servizi pubblici. Solo una volta fuori dall’Unione, lo Stato potrà tornare ad essere padrone di sé stesso e fare ciò che oggi gli è vietato dai trattati, ossia stampare moneta, fare spesa pubblica e intervenire direttamente nell’economia, in questo caso per far sì che ospedali vitali per le comunità non chiudano i battenti per sempre, come successo a quello di Magliano e come rischia di succedere anche a quello di Amatrice, costringendo chi ci lavora ad essere dislocato in strutture lontane, ma soprattutto obbligando i cittadini a recarsi negli ospedali vicini e a renderli così sovraffollati e inefficienti. Non è sufficiente l’uscita dall’euro e il ritorno alla lira, come propongono alcuni partiti in cerca di voti, poiché anche una moneta sovrana sarebbe inutile se si continuassero a rispettare le due folli regole suddette. Pertanto l’unica vera soluzione è il ritorno ad una moneta sovrana, ma contestuale all’uscita dell’Italia dall’Unione. Al momento l’unica forza politica sul suolo italiano che persegue questo progetto è l’ ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità) i cui rappresentanti territoriali per l’area reatina sono Stefano Rosati e Nicoletta Carotti. Se vogliamo veder rispettati i nostri diritti, primo fra tutti quello alla salute, dobbiamo unirci tutti quanti nella lotta all’Unione Europea. Foto (archivio) RietiLife ©