L’editoriale di Format di questo mese è firmato da Rino Panetti.
Scena n. 1: Primavera 1981
Gli occhi del maestro arciere mi fissarono per qualche secondo. Un sorriso benevolo si accese sul suo volto. Un attimo dopo era seduto accanto a me. Mi mostrò il foglio che portava i segni dei miei tentativi di scoccare frecce al centro del bersaglio: “Vedi Rino: non è andata male. Hai scoccato le 5 frecce tutte molto vicine. Il problema è che questa fitta rosa di colpi è tutta spostata di lato rispetto al centro. Ma non è grave, basta solo spostare di poco la mira, e poi avrai cinque colpi tutti a ridosso del centro! Questa è la situazione migliore da correggere, segno che comunque si è lavorato bene, fin qui!”
Scena n. 2: Settembre 2013
Uno strano sapore, il cappuccino, quel giorno. Colpa sicuramente dei giornali locali, che urlavano la chiusura del Polo di San Giorgio. Insieme al cornetto, divorai gli articoli. Subito dopo ripensai però all’insegnamento del mio maestro arciere. Se hai prodotto dei risultati positivi ma qualcosa è andato storto, il segreto è: non disperdere quanto di positivo fatto e lavorare duro, tutti insieme, per correggere ciò che va corretto. Ottimista.
Purtroppo, quella sensazione di benessere passò presto. La macchina della Dannatio memoriae, del Guai ai vinti accese subito i motori. In 15 mesi 275 eventi, 850 artisti, 40 scuole e associazioni, 45 aziende e strutture ricettive locali, fiumi di persone a risvegliare le sere reatine, cittadini orgogliosi di ospitare parenti e amici lontani in una città che sapeva stupire… Un politico, un amministratore dovrebbero sapere quando è necessario lavorare insieme per “aggiustare il tiro”, per superare il “momento no”, invece di adoperarsi per gettare tutto alle ortiche. Per farlo, però, è necessario un pre-requisito: avere un obiettivo comune. Senza obiettivo comune, c’è solo distruzione. Per una città, l’obiettivo comune non può che essere uno: la città. Sì, conosco bene le obiezioni: “La legalità non può essere piegata a piacimento”, “Figli e figliastri”, “I poteri forti”, “Voi e noi”, ecc. ecc.
Conosco però bene anche gli atteggiamenti che mi aspetto, come cittadino, in casi come quello di San Giorgio. “Quei 15 mesi hanno mostrato una città viva, consapevole che rinascere si può. Lavoriamo insieme per superare questa difficoltà e non disperdere questo slancio, collaboriamo tutti per accelerare il più possibile la riapertura, nel rispetto delle leggi”: questo mi aspetto da una classe politica che ha cura della città. Mi aspetto la capacità di riconoscere quando è opportuno non utilizzare i soliti schemi del noi contro voi e invece mettere in campo il co-creare, perché certe scintille, quando si accendono, non possiamo permetterci di lasciarle spegnere… se abbiamo a cuore la città. Mi aspetto una classe politica che sappia riconoscere i casi in cui occorre cambiar marcia, superare i reticolati mentali e ideologici e collaborare. E’ possibile un simile cambio di visuale e di mentalità? E’ necessario! …perché non si può risolvere un problema con lo stesso livello di consapevolezza che lo ha generato (Einstein). Ma mi aspetto anche molto da noi reatini: abbandonare quell’autolesionismo e vittimismo che talvolta sembra assalirci, il parlare contro invece che il parlare per, mostrare cura e amore smisurato per la città così da responsabilizzare sempre più coloro che manovrano la nave.
Teniamolo a mente, tutti (cittadini, politici, amministratori): ad ogni parola che spendiamo sul cambiamento, facciamo seguire un’azione concreta, ad ogni parola che spendiamo sull’eticità, facciamo seguire due o più azioni! Basta parole!
Possiamo cambiare? Io ci credo, perché se c’è una cosa che la magia mi ha insegnato in questi anni è che tutto è possibile… e dipende da te!
Foto: Format ©