Nuovo appuntamento con la rubrica domenicale di Don Fabrizio Borrello. Come annunciato la scorsa settimana, eccoci al secondo appuntamento con l’evento del Sinodo straordinario dei Vescovi sulla famiglia, fortemente voluto da Papa Francesco per rispondere alle sfide che l’istituto familiare vive nell’attuale momento storico. In questa prima settimana di lavori sinodali si sono toccati i nodi più importanti e le questioni più spinose: dalla Comunione ai divorziati risposati civilmente, alle cosiddette nozze tra persone dello stesso sesso; dall’aborto alla contraccezione. Il dibattito dentro e fuori l’aula è stato ed è molto acceso e le fazioni sembrano essere essenzialmente due e poste agli antipodi. Ma come sempre, quando ci si contrappone, le due posizioni rischiano di arroccarsi e diventare sorde alle sollecitazioni positive che potrebbero venire anche dalla parte “avversaria”. Ma c’è anche un altro rischio, e credo che sia quanto sta accadendo all’esterno delle mura del Sinodo ossia nell’opinione pubblica alimentata dai mezzi di comunicazione di massa, e cioè che non si sa nemmeno di cosa si parla e quali sono le importanti realtà coinvolte. La posta in gioco è senza dubbio la “vocazione” al matrimonio. Il termine vocazione vuol dire innanzitutto ricevere un “chiamata” che dà una direzione ed una forma alla vita. L’esperienza di fede cristiana ci dice che questa chiamata viene direttamente da Dio e che passa attraverso tutta una serie di esperienze, situazioni e persone di cui Dio si serve per farcela arrivare. Il termine di confronto per verificare una tale chiamata sono senza dubbio i primi due capitoli del libro della Genesi. In essi la “vocazione matrimoniale” ha tre inderogabili caratteristiche. Innanzitutto è “sentirsi chiamati ad essere immagine di Dio”, cioè essere sua icona nel mondo e fra gli uomini di Dio che è amore e comunione di persone. La famiglia che scaturisce dal matrimonio è così realtà chiamata a rappresentare Dio e a cui Dio delega il compito di rappresentarlo nel mondo. Inoltre l’uomo, che Dio crea maschio e femmina come sua immagine, viene “creato” il sesto giorno, giorno in cui l’opera creatrice di Dio si interrompe ma non si completa (il numero sei infatti indica proprio l’incompletezza) perché Dio la affida all’uomo perché la porti avanti. Così l’uomo, maschio e femmina, diventa co-creatore di Dio, chiamato a continuare il ciclo generatore di vita che Dio ha impresso nell’universo. Infine il matrimonio è vocazione alla comunione, a creare quelle relazioni che ci fanno essere un’unica cosa (unica carne) e quindi anche icona di quella straordinaria unità e fraternità a cui l’umanità tutta è chiamata. La famiglia fondata quindi sul matrimonio, secondo quanto la fede nel Dio di Gesù Cristo ci insegna, vive di queste tre dimensioni: l’amore come Dio lo vive e lo incarna in Gesù, la fecondità come conseguenza di questo amore, l’unità e la comunione, come stile concreto di vita e di relazione. Credo che sia questo l’orizzonte dentro il quale vada compreso ogni discorso e ogni discussione all’interno e all’esterno del Sinodo. Credo anche che, a prescindere dalla fede in Gesù, ogni discorso intorno all’identità della famiglia non possa prescindere da queste tre realtà: amore che si fa dono, fecondità che si fa accoglienza della vita, unità che si fa stile delle relazioni. (Don Fabrizio) Foto: RietiLife ©