Una splendida serata di fine settembre illuminata da una miriade di stelle e da un luminoso spicchio di luna in cielo, altre sei stelle sul palco: i Nomadi. Questa è stata la scenografia naturale nella quale quasi 6000 persone hanno assistito allo spettacolo con ingresso gratuito offerto dallo storico gruppo emiliano. Il campo sportivo di Borgo Velino si è trasformato per una notte nell’anfiteatro naturale all’interno del quale la band guidata da Beppe Carletti ha regalato emozioni ad un pubblico composto da varie generazioni ma unite da un repertorio che non conosce il logorìo del tempo che passa. Nato nel 1963, il gruppo ha fatti riecheggiare parole e note che sempre evocano nell’aria la presenza e la voce del compianto Augusto Deolio. Tra i loro brani più famosi si sono distinti Io vagabondo (che non sono altro), Un pugno di sabbia, Un giorno insieme, Dio è morto (se Dio muore, è per tre giorni poi risorge), Crescerai, Ho difeso il mio amore, Io voglio vivere, Sangue al cuore e Dove si va.Particolare la sensibile disponibilità mostrata da Beppe Carletti , non a caso nominato Cavaliere dell’Infanzia e della Repubblica nonché fautore di iniziative a fini umanitari, che ci concede qualche minuto prima dell’inizio del concerto.
L’INTERVISTA
Nomadi 1963 – Nomadi 2014: cosa c’è di diverso nella produzione musicale del gruppo?
Da Io Vagabondo si prosegue nella linea della coerenza, dopo Dio è morto, che rappresenta l’apice, si deve per forza di cose andare avanti nella filosofia che ha caratterizzato la nascita e la vita musicale del gruppo.
Quali sono i maggiori cambiamenti sociali tra i primi anni ’60 ed oggi visti e riconosciuti dagli occhi di Beppe Carletti?
E’ cambiato il mondo. L’onestà e la sincerità sono venute meno, ma è la gente che fa il mondo, quelli che c’eravamo una volta non siamo cambiati, siamo rimasti uguali. Musicalmente non siamo mai stati dietro le mode, abbiamo con coraggio cantato temi delicati, senza paure di sorta. Oggi sono cambiate le persone, le nuove generazioni.
Esiste un post-Augusto?
No. Augusto rimane unico, nessuno può prenderne il posto, per voce, carisma. Un autentico trascinatore e comunicatore per trent’anni… “ e qui emerge tutta l’emozione per un amico scomparso…
Qual è l’incontro più importante nella vita di Beppe Carletti?
Augusto, senza alcun dubbio. E’ solo grazie a lui che negli anni successivi ho avuto la possibilità di incontrare tutti gli altri, una presenza preponderante per trent’anni che mi ha permesso di coltivare e seminare il terreno. Incontri come quelli avuti con Arafat, Dalai Lama, Padre Samuel Ruiz Garcia difensore dei diritti dei Chiapaneco messicani, passando per Fidel Castro ed arrivando a San Giovanni Paolo II.
I Nomadi hanno nella propria produzione testi c.d. impegnati. Attualmente dove si ritrova tale elemento nel panorama musicale?
Nel rap, anche se dopo tre mesi nessuno ricorda più il senso delle cose. Prima una canzone emozionava, oggi no. E’ cambiato il linguaggio, è vero, ma purtroppo con il linguaggio è cambiato poi tutto il resto.
Qual è la canzone che più identifica la filosofia dei Nomadi negli oltre 50 anni di attività?
Dio è morto, che non è una canzone bensì un manifesto che sembra scritto stamattina, censurata dalla Rai del tempo e non dalla Chiesa che l’ha recepita subito nel senso giusto. Guccini ci diceva che eravamo portatori della sua voce e noi, con coraggio, in quei tempi l’abbiamo cantata aldilà delle apparenze ed abbiamo capito che il successo che continua ad ottenere vuol dire che la coerenza in cui si crede paga, paga sempre. Foto: Daniele CESARETTI ©