(dal Messaggero.it, Nazareno Orlandi) «Un chiacchierone che faceva discorsi irrispettosi». I fulmini di Usain Bolt contro Andrew Howe. L’uomo più veloce della storia contro il rimpianto più grande dell’atletica italiana. Leggete qua, da pagina 81 di «Come un fulmine, la mia storia», biografia dell’extraterrestre giamaicano. Il riferimento è ai mondiali junior di Grosseto 2004, vinti dal reatino, pochi mesi dopo il record del mondo junior di Bolt sui 200 (19”93): «Ci tenevo molto ad affrontare un ragazzo di nome Andrew Howe, che prima dei campionati non aveva tenuto la bocca chiusa, dicendo un sacco di fesserie e promettendo di battermi sul terreno di casa. Quei discorsi non mi piacevano, erano irrispettosi, e poi sapevo di sconfiggere Howe senza neanche sforzarmi, infortunio o no. Battere quel chiacchierone nei 200 metri sarebbe stato un buon modo per metterlo a tacere». Bolt non partecipò per infortunio. «Howe aveva vinto con 20”28 – rincara il giamaicano – era il suo record personale e per il resto della carriera non avrebbe corso più veloce di così, ma io li avrei fatti anche dormendo. E invece lui continuava a prendermi in giro da bordo pista». Altro capitolo, altra frecciata. È il 2007. Mondiali di Osaka, quelli di Howe argento nel lungo: «Esultò come un pazzo, strappandosi la canotta e battendosi il petto. Corse sotto la tribuna strillando. Sua madre gongolava sugli spalti. Ma che gli prende? Rilassati, bello… pensai guardando la scena». All’ultimo salto Saladino lo superò. «La folla andò in visibilio – ricorda Bolt – ma Saladino non batté ciglio. Non si mise a saltellare, né si strappò la canotta. Era come se avesse detto a Howe… datti una calmata, il migliore sono io. Fu una delle scene più spassose cui avessi mai assistito in un campionato». Piedi velocissimi, lingua di più.
Ndr: siamo a disposizione di Andrew Howe per eventuali repliche.
Foto: Emiliano GRILLOTTI ©