Torna la rubrica a cura di Don Fabrizio Borello.
Lo scorso mercoledì 6 agosto la Casa di accoglienza dell’Alcli è stata protagonista di un evento che forse, pur nella sua profonda e drammatica valenza, non ha avuto sufficiente eco nella nostra opinione pubblica cittadina e provinciale (Rietilife ha strasmesso tutto l’evento in diretta streaming). Si è trattato di una assemblea pubblica aperta a tutti per discutere la situazione e le prospettive della sanità nella nostra provincia. Il sistema sanitario di questa terra sabina, da anni oggetto di tagli e interventi, nella maggior parte dei casi irrazionali, sta vivendo una fase di drammatica sofferenza da tutti i punti di vista: dei pazienti, perché i servizi non sono “tempestivi” e pienamente qualificati al punto che molti, per curarsi, “emigrano” verso altre sponde; degli operatori sanitari di qualsiasi livello, sempre di meno e costretti a ritmi e a prestazioni in situazioni di emergenza; degli amministratori, chiamati a preoccuparsi soprattutto del fattore economico rispetto a quello umano. Inoltre le prospettive non sono poi così rosee. Un recente decreto legge, che impone alle “sanità” locali vincoli ancora più stringenti, rischia di avere come conseguenza l’ulteriore riduzione dei servizi dell’ospedale con accorpamento e soppressione di molti reparti e conseguenti servizi. Una questione grave soprattutto perché va a colpire l’aspetto più delicato della vita dell’uomo cioè la malattia, aspetto nel quale è coinvolta tutta la persona. Di fronte al proprio male o a quello dei propri cari, ciascuno di noi sperimenta la propria fragilità che non è legata al singolo problema, ma coinvolge tutto di noi. Pertanto al di là dei disagi inevitabili che decisioni del genere comportano, quello che preoccupa e dovrebbe farci interrogare è il tipo di logica sottesa a tali scelte politiche e legislative. La “sanità” non è un tema da mettere a livello di altri temi, ma dovrebbe essere invece il cuore delle preoccupazioni politiche e quindi legislative. Quando l’uomo è fragile ha bisogno di tutte le attenzioni. Gesù, che di attenzione agli ultimi e di umanità se ne intendeva bene, ebbe a dire ai suoi contemporanei che lo rimproveravano per certi suoi atteggiamenti apparentemente contrari alla legge che non è l’uomo per il sabato, ma il sabato per l’uomo. Durante l’incontro nella casa di accoglienza dell’Alcli, in modo provocatorio, qualcuno ha invocato la “rivoluzione con i forconi”…ed in momenti drammatici e di crisi come quello attuale il rischio che ciò accada è molto più concreto di quanto si creda. Io penso invece che l’’unica vera “rivoluzione” che dovremmo attuare è di tipo culturale. È necessario che al centro di tutto quello che accade torni ad esserci l’uomo: politica, economia, cultura, sanità…tutto a misura d’uomo. Ma la cultura non si impone dall’alto. La cultura è l’unica realtà che nasce dal basso, cioè dalla condivisione di idee, ideali, stili di vita, comportamenti…etc. Quindi l’uomo potrà tornare il vero centro di tutto soltanto se tornerà al centro del cuore di ognuno di noi, quando al cuore di ognuno di noi ci sarà la preoccupazione e la “cura” per il bene vero e concreto di ogni singolo uomo a cominciare dai propri cari, che sono il vero “prossimo” per arrivare anche alle persone che non si conoscono. Ecco perché credo che la vera rivoluzione culturale potrà salvare la nostra “sanità” ma anche tutte le altre è quella che parte dal mondo del volontariato che qui a Rieti può vantare diversi fiori all’occhiello. Don Fabrizio
Foto (archivio) RietiLife ©