Di seguito l’editoriale del mese di Aprile di Format, a firma di Maurizio Festuccia.
E’ da poco calato il sipario sulla 24° edizione del Concorso Internazionale di Danza “Città di Rieti” ed ancora abbiamo negli occhi frotte di ragazzi colorate e colorite, ospiti per l’occasione della nostra città, girovagare per Rieti ad ogni ora del giorno e della notte. Sì anche a notte fonda, alcuni gruppi di partecipanti al concorso, erano soliti attraversare in lungo ed in largo le nostre piazze al centro storico animandole simpaticamente con i loro sorrisi e lingue d’oltralpe. E’ stato bello rivedere una parte della nostra città di nuovo viva e dinamica come ormai non è più da tempo, esclusion fatta per il viavai pistareccio di via Roma delle fresche serate estive e di qualche isolata scorribanda di vandismo da quattro soldi. Tra le scolaresche di rientro dalle gite di fine anno ed i gruppi di danzator provetti, le ultime ore del giorno andato, e le prime di quello nascente, d’incanto hanno ripreso a vivere spalancando le persiane di una Rieti che aveva dimenticato (semmai l’avesse vissuto) di potersi concedere alla vita di comunità, fuori orario.
Quasi non fosse più essa, quasi volesse sembrare più emancipata come non mai, pavoneggiandosi un po’, seppur per poche ore, è riuscita a metter su il bell’abito da “città turistica”, interessante, generosa, cordiale ed accogliente come sempre avremmo voluta saperla, specialmente in occasioni di questo tipo. I reatini, com’è normale, dormivano tutti, ma la loro città, una volta tanto, si è lasciata conquistare dallo “straniero” che l’ha saputa corteggiare nel modo migliore: vivendosela e spupazzandosela in ogni angolo e viuzza, da fontanella a fontanella, come solo pochi residenti ancora riescono a fare (e senza nessun richiamo di eventi internazionali). Riprendiamoci la nostra città anzi, riprendiamola per mano come una fidanzata a cui rivolgere tutte le proprie attenzioni. Ora che i lavori dei Plus ce la ridaranno con una veste completamente nuova, e diversa dalla solita che per decenni abbiamo conosciuto, non esasperiamoci dal rimpiangere i sampietrini (tanto amici dei tacchi delle gentil donzelle e delle punte d’ombrello conficcate tra selcio e selcio). Il sampietrino aggiunge fascino dal sapor medioevale a qualunque abitato, è vero, ma non è più il caso del nostro che, in diverse ed ampie zone del centro storico, era stato addirittura cementato (maldestramente e pacchianamente) per evitare ulteriori sfaldamenti della nobile cortina a terra. Diciamoci sinceramente una cosa: o avremmo sfruttato l’occasione per rifar fare il trucco alla Città, oppure ci saremmo dovuti tenere la sua antica veste, per la verità un po’ troppo lisa e sdrucita degli ultimi tempi. E’ un segno di rinnovamento? Che ben venga! Che torni a far insorgere di nuovo l’orgoglio di sentirsi abitanti di una città importante, come lo è la nostra. Del resto, è sempre traumatico vivere un cambiamento (anche il primo taglio dei capelli della nostra signora, ex ragazza, ci avrà lasciato sgomenti…) ma poi ci si abitua, si cerca di farsene una ragione, di trovarne il lato positivo finché si ricomincia, giorno dopo giorno, ad apprezzarne il nuovo volto, magari scoprendone aspetti sconosciuti, o mai visti fino prima d’ora. Pertanto, ben venga un’aria friccicarella che spettini il finto perbenismo o scompigli le carte ai soliti giocatori furbetti di assopigliatutto. Rieti deve cambiare e deve farlo in fretta prima di ritrovarsi al capezzale del suo letto da qui a poco tempo ancora. I suoi figli, vivadio, continuano a nascere, ma se ne vanno via da essa sempre prima, a crescere altrove perché qui non si può più, perché qui non ce n’è più per nessuno, o quasi. I figli di papà diventeranno papà, e nonni, anche loro prima o poi, i tempi cambiano, il vento pure. Non è più tempo di bearsi nel guardare indietro, ciò che è stato fatto è ancora lì ma il futuro di questa città è il presente da valorizzare di giorno in giorno, di passo in passo, anche senza sampietrini sotto la suola delle scarpe. Rien ne va Plus, les jeux sont faits: Rieti s’è (quasi) fatta, quando si “faranno” i reatini? (Maurizio Festuccia) Foto: FORMAT ©