Questa è la storia di Cristiano Mancini, giovane arbitro reatino, chiamato ad arbitrare come quarto uomo la finale della Scopigno Cup. Una storia raccontata in prima persona dai responsabili reatini della Associazione Italia Arbitri, per lui una seconda famiglia (leggi). L’arbitraggio è un arte fatta di tecnica, applicazione ed umanità. Quella che vogliamo raccontare è una piccola storia, piccola ma bellissima, che fa capire i valori che “muovono” la nostra associazione. Questa settimana per Cristiano Mancini è stata una settimana terribile. Cristiano, per chi non lo conosce è un ragazzone fresco diciottenne, arbitro da due anni. Purtroppo mercoledì sera è venuta a mancare Patrizia, la mamma di Cristiano, a causa di un male che ne ha minato la forte fibra nel breve volgere di qualche mese. Nella settimana pasquale si è tenuta a Rieti la Scopigno Cup, manifestazione che vede in campo squadre di Allievi Nazionali e la cui finale viene diretta da una terna della Can B (arbitri della serie cadetta, ndr). Come tradizione invitiamo la terna a pranzo prima della finale, pranzo al quale sono presenti le nostre terne che – nella mattinata – hanno disputato le semifinali. Quest’anno è toccato a Fabrizio Pasqua, Alessandro Raparelli e Vincenzo Soricaro accettare il nostro invito a pranzo, pranzo al quale ha partecipato anche Cristiano. Dopo la gara, chiacchierando con la terna è venuta fuori la storia di Cristiano, e grande è stato lo sconcerto dei nostri ospiti. PRIMA DELLA FINALE Si arriva allo stadio e i nostri ospiti vanno negli spogliatoi insieme al dirigente sezionale Roberto Bellosono. Lì il buon Fabrizio se ne esce con un’idea: “Ma il quarto ufficiale non c’è?” Detto, fatto, parte la telefonata per Cristiano: “Dove sei? Vieni subito qui con la borsa!” è l’invito perentorio. Cristiano nel giro di tre minuti arriva, trafelato, allo Stadio ed entra nello spogliatoio. “Cambiati che ci serve il quarto” gli fa Fabrizio, già in tenuta di riscaldamento e tirando fuori il radiomicrofono che ha in dotazione per il quarto ufficiale di gara. Dopo un secondo di smarrimento, Cristiano – che non crede ai suoi occhi – si cambia in un attimo ed è pronto per la “vestizione” dell’armamentario elettronico che portano i nostri Arbitri di vertice, come potete vedere dalla fotografia. L’EMOZIONE Ingresso in campo e il nostro Cristiano va a prendere posizione tra le due panchine, dove si nuove prima impacciato, poi, man mano, sempre più a suo agio in un compito che non pensava mai di dover affrontare. Finisce la partita, oltretutto ripresa dalle telecamere di Rai Sport e la quaterna rientra negli spogliatoi insieme ad una decina di arbitri reatini pronti a festeggiare il neo … quarto uomo. E qui c’è il “tocco d’artista” di un grande uomo, con la U maiuscola, quale Fabrizio Pasqua si dimostra. Prende il pallone di gara, ci scrive una dedica, lo firma insieme ad Alessandro e Vincenzo e lo dona a Cristiano “per ricordo della tua prima gara da quarto uomo”. Poi gli fa “Ma perché non avevi la divisa gialla come la nostra?” “Perché a noi – risponde Cristiano – quest’anno hanno dato quella nera”. “ Bene – replica Fabrizio – allora questa oggi te la sei meritata” e così dicendo regala la sua divisa di gara a un ragazzo a cui la vita sta chiedendo prove complesse per la sua età, ma che dal nostro mondo sta trovando risposte di un’incredibile intensità. Che dire? Semplicemente grazie. Grazie a Fabrizio, Alessandro e Vincenzo per i piccoli gesti di questa giornata, piccoli gesti, ma segno di grande valore morale. Questi… sono gli arbitri! Foto: Emiliano GRILLOTTI ©