«Come mi sento? Ormai più mamma che suora, questo mi pare evidente…». Queste le parole di suor Roxana Rodriguez, 33 anni, salvadoregna, riportate stamattina dal Corriere della Sera. Secondo quanto scritto da Fabrizio Caccia, queste parole sono state confessate dalla neo-mamma all’assistente sociale, la dottoressa Anna Fontanella, mentre allattava il suo Francesco Alessandro, chiamato così «in onore del nostro bel Papa sudamericano…». Al Corriere ha parlato anche don Benedetto Falcetti, che insieme alla donna ha ricostruito i fatti: «Tutto è successo in Salvador, tra marzo e aprile dell’anno scorso, quando Roxana tornò a casa per rinnovare il suo passaporto – racconta don Benedetto, direttore della Caritas diocesana – Come lo possiamo definire? Un revival, il ritorno di fiamma di un’amicizia giovanile…».
«Come mi sento? Ormai più mamma che suora, questo mi pare evidente…». Suor Roxana Rodriguez, 33 anni, salvadoregna, lo confessa candidamente all’assistente sociale, la dottoressa Anna Fontanella, mentre allatta con gioia il suo Francesco Alessandro, appena 4 giorni di vita e quasi 4 chili di peso, «l’ho chiamato Francesco in onore del nostro bel Papa sudamericano…». E dopo tanta pena ecco che abbozza un sorriso.
Ospedale San Camillo de Lellis, Rieti, primo piano, letto 24, camera 10, l’ultima in fondo al reparto di Ostetricia e Ginecologia diretto dalla professoressa Giuliana Santilli. Davanti alla porta, due vigilantes in servizio no-stop per proteggerla dall’assedio mediatico. Ma la mamma-suora per fortuna lentamente si va riprendendo dallo shock. «Ti porto la chitarra, che dici? Così cantiamo insieme l’Ave Maria di Lourdes…», prova a rincuorarla la sua amica Donatella Proietti, della parrocchia di San Michele Arcangelo, abbracciandosela stretta come fosse sua figlia. Dopo l’impazzimento generale della Rete, lo sbizzarrirsi dei pettegolezzi, i tweet diabolici, i facili accostamenti alla monaca di Monza e le inevitabili battute anche sullo Spirito Santo, suor Roxana ora è ben consapevole delle conseguenze gravi che verranno: il suo abbandono definitivo della vita religiosa eppoi la lettera sofferta di scuse da dover inviare presto alla Superiora Generale delle Piccole Discepole di Gesù, Madre Elvira Petrarca, nelle cui mani il 26 settembre 2012 (dopo 10 lunghi anni di preparazione, tra probandato, noviziato e voti temporanei) giurò solennemente («Per sempre fedele a Cristo») di vivere secondo Castità, Povertà e Obbedienza, i tre pilastri della Congregazione.
E invece «non ha saputo resistere alle tentazioni», come ha detto l’altro giorno suor Erminia Pusceddu, la sua Superiora di Rieti, fingendo di scherzarci sopra ma nascondendo in realtà «tutto il dolore e la delusione» che sta provando. Martedì sera, arrivata in ospedale con un terribile mal di pancia, dopo aver fatto l’ecografia, suor Roxana gridava incredula e disperata verso i dottori: «Io non posso partorire, sono una suora…». Sembrava davvero convinta: in fondo, è una giovane donna mite e tracagnotta e nessuno faceva caso, anche in convento, a quella pancia che piano piano cresceva sotto la tunica grigioperla. «Ho sofferto a lungo per una cistite e per una gastrite – racconta Roxana alla sua amica Donatella – ero in cura da un medico, prendevo un sacco di farmaci, pensavo che il gonfiore dipendesse anche dal fatto che digerivo male e non ho badato nemmeno al ritardo del ciclo…».
Però un bambino è un bambino, non può dipendere mica da una cistite. Così Donatella Proietti e il parroco di San Michele, don Benedetto Falcetti, insieme a lei nelle ultime ore hanno ricostruito con cura gli eventi: «Tutto è successo in Salvador, tra marzo e aprile dell’anno scorso, quando Roxana tornò a casa per rinnovare il suo passaporto – racconta don Benedetto, direttore della Caritas diocesana – Come lo possiamo definire? Un revival, il ritorno di fiamma di un’amicizia giovanile…».
L’assistente sociale, Anna Fontanella, assicura che Roxana comunque è «tranquilla» e «non ha sensi di colpa». Certo, se il papà di Francesco è in Salvador, presto si dovrebbe far vivo con mamma e figlio: «Io di sicuro mi prenderò cura del mio bambino, perchè è un dono di Dio – annuncia contenta la religiosa di El Salvador – mi preoccupa molto però tutto il clamore che si è sollevato. Non solo in Italia, anche nel mio Paese si sta parlando tanto di questa storia e adesso ho quasi paura di tornarci, anche se a Rieti malgrado il grande affetto della gente difficilmente ci resterò».
Al convento di Campomoro, in effetti, le consorelle sono molto arrabbiate con lei: «No che non andremo a trovarla in ospedale – scandisce al citofono una voce – ma vi pare giusta una cosa del genere, scusate? E adesso lasciateci in pace, perchè lei qui non c’è più». In città, invece, il clima è diverso. Risolini e perfidie hanno lasciato il posto all’umana comprensione e di questo Roxana si è accorta: «Ringrazio tutte le mamme, i papà, le nonne e pure le infermiere di questo reparto – si commuove – in un baleno, dopo la nascita di Francesco, mi hanno regalato pannolini, tutine, bavaglini e cuffiette, visto che io non ero minimamente preparata. Hanno anche organizzato una colletta per quando uscirò dal convento e non avrò più mezzi per vivere». Il direttore sanitario dell’ospedale, Pasquale Carducci, c’informa che Roxana ora sta bene e potrebbe essere dimessa anche subito, mentre per il bimbo conviene aspettare 48 ore. «Vorrà dire che aspetteremo insieme – conclude la mamma suora – senza Francesco certo io non me ne vado». Nella foto, una suora di spalle.
Foto: Gianluca VANNICELLI/Agenzia PRIMO PIANO ©