(Dall’inviato all’Olimpico, Nazareno Orlandi) Lo confesso: mi trovavo per caso a Roma, vicino allo stadio Olimpico. C’era gente, pensavo fosse il calcio. Avvicino un paio di ragazzi, mi dicono che stasera tocca all’atletica: il Golden Gala, la Diamond League, è dedicato a Pietro Mennea. Dico, boh, vabbè, proviamo, prendiamo un biglietto, non ho idea nemmeno di chi corra o chi salti. In realtà ne so pochissimo d’atletica in generale: anzi zero. Aggiungono, però, che c’è uno forte, ma forte forte, ma tanto forte da avere spostato i confini un po’ più in là, tanto veloce da essersi fregiato sei medaglie d’oro olimpiche, bruciato i 100 metri come nessuno mai, ridisegnato il limiti tra lo sport e lo spettacolo. Mi dicono si chiami Bolt, di nome Usain – mi pare – e che sono tutti lì, sì, allo stadio, per lui, per questo Bolt, il fulmine, quello che non perde mai, il cannibale, l’invincibile. Sono in oltre quarantamila, sostengono che c’è stato anche l’anno scorso, e due anni fa. Dico: vediamo, può essere, ma veramente non perde mai? Sìììì, non perde mai, fidati, e poi stasera di avversari non ne ha, c’è Gatlin (mi fanno sapere abbia vinto un paio di ori olimpici e poi sia stato squalificato per doping), ma sì, vuoi mettere con Bolt, dai, lui è inarrivabile, prima di gareggiare sorride, gigioneggia, per quanto è tranquillo, per quanto è sicuro. Pare che solo una volta si sia fregato, ma da solo, ai mondiali a Daegu. Pare – da come mi raccontano – abbia fatto partenza falsa, quella volta. Va bene, ok, mi convincono. Lo guardo. Vince, sono sicuro, vince anche stasera, perché lo dicono tutti. Perché non può perdere. Perché è l’uomo più veloce della storia. Sono tutti in visibilio in tribuna: prima non capivo, ma adesso ho capito il perché. Va sui blocchi. Mi pare simpatico, questo tipo. Ci sa fare. Ho saputo da un giovanotto con l’accento romano che ha addirittura dichiarato di essere al top e di voler andare oltre i suoi limiti. Nel dubbio, tiro fuori lo smartphone, ché vuoi vedere ci scappa il tempone e poi domani faccio il figo all’aperitivo. Sì, ci siamo, è il momento. Tocca a lui. Vengono i brividi anche a me, che non amo l’atletica. Ma, fermi tutti. Cosa succede? Ehi, non mi sembra sia partito così bene dai blocchi. Gatlin, quello lì, quello che doveva schiantare facilmente (e che mi dicono avesse già corso 9″86 quest’anno) lo vedo più reattivo, più agile, viene via, viene via, viene via, e Bolt l’imbattibile rimane dietro, imballato, senza gamba. Ma come, dev’essere uno scherzo, è tutto organizzato, penso: guarda te cosa vanno a inventarsi questi burloni del Golden Gala. Sul tabellone esce 9″94 Gatlin, 9″95 Bolt. Ci sarà sicuramente un errore. O adesso scende un telo tipo “Scherzi a parte” e tutti quanti ci guardiamo inebetiti e poi ridiamo a crepapelle, e loro da dietro uno schermo si burlano di noi. Ma no, aspetto un po’ e non succede nulla di tutto ciò. Mistero. Fisso il led dell’Olimpico, vedo questo fantomatico Bolt provato, stanco dopo il traguardo, e davanti a lui il direttore di RietiLife con la Nikon in mano che gli sparaflasha in faccia. Ha lo sguardo sconsolato (Bolt, non il direttore di RietiLife, che sta scattando una foto mica da ridere). Come a dire: è andata così, ho perso. Cerco di capirne di più, ma adesso ci sono quasi. Chiedo spiegazioni ad una simpatica coppia che siede lì vicino. “Non si può vincere sempre”, osservano, con garbo, sereni. Nemmeno l’uomo dei sogni può pensare di farlo.
LALOVA ALLO STAGIONALE. Torniamo seri. Piace Ivet Lalova. E in assenza d’altro – tipo Howe – per gioire con qualcosa che ricordi anche lontanamente la nostra città dobbiamo affidarci a lei. La bulgara-reatina compagna di Simone Collio e allenata da Roberto Bonomi (che nei 100 serie B porta lo stagionale a 10″37) sfreccia a 22″78, migliore prestazione stagionale, costruita metro dopo metro con una grande chiusura nel rettilineo finale. Murielle Ahoure stacca la campionessa olimpica Allyson Felix e sfiora il mondiale stagionale, accontentandosi comunque del primato della Costa D’Avorio (22″36, +1.2 il vento). GLI AZZURRI. Male la Trost nell’alto. L’allieva di Gianfranco Chessa, campione mondiale junior in carica, tentenna a 1.88 (due errori), e poi sbaglia tre volte a 1.92, mentre il duello Vlasic-Chicherova infiamma. Chicherova sale tranquillamente 1.95, Vlasic ci mette tre tentativi e poi regala alla Curva Sud il suo tradizionale balletto. Ma di fibrillazioni alle misure più alte proprio no: Chicherova fa 1.98 e ciao ciao. Daniele Greco, il più applaudito degli azzurri, atterra a 17.04, che per essere l’inizio della stagione va più che bene, anche se la forma non sembra ancora quella giusta e il campione d’Europa può migliorare, e di molto, nella rincorsa e nell’ampiezza dei balzi. Intanto perde dall’olimpionico Taylor (17.08). Nei 100hs, la romana delle Fiamme Gialle Veronica Borsi, fresca primatista italiana, si aggiudica il derby (12″97) contro la friulana Marzia Caravelli (13″01), roba da stropicciarsi gli occhi per quanto vanno forte le reginette italiane degli ostacoli alti, la specialità su cui al momento pare esserci più abbondanza nel panorama azzurro. Gibilisco torna competitivo con il suo 5.60 nell’asta, dove l’olimpionico Lavillenie (5.86) si fa sorprendere da Holzdeppe (5.91) che poi azzarda anche i 6.02. PRIMATI MONDIALI STAGIONALI. Ottocento senza Rudisha, ma con la sua bestia nera, Mohamed Aman, l’etiope che dimostra qualche, e qualche, anno di più dei suoi 19 e che tra i segni particolari vanta quello di essere stato l’unico ad aver battuto sua maestà David Rudisha negli ultimi due anni (ma sempre lontano dalle occasioni che contano). Porta il mondiale stagionale a 1’43″61 e squilla a Rudisha. Bravo l’azzurro Benedetti che cresce fino a 1’44″67, sesto azzurro di sempre, minimo per Mosca iridata. Miglior prestazione mondiale dell’anno sui 400 per Amantle Montsho, che comincia a fare sul serio, abbatte la barriera dei 50 secondi (49″87) e conferma la sua predilezione per la Diamond League. World lead pure per la gazzella etiope Yenew Alamirew 12’54″95 nei 5000. Non tanto. Non tantissimo. Ma qualcosina sì, in questo Golden Gala Pietro Mennea. Meglio: così l’applauso più forte è stato quello tributato a lui. (ORE 23). Foto: Emiliano GRILLOTTI © Roma, 6 Giugno 2013