(a.l.) Nessun allarmismo, ma un vero e proprio allarme sulla “tenuta” della sanità pubblica reatina arriva non dal più scalmanato dei sindacati ma praticamente dallo stesso management della Asl. Da mesi ormai ogni pensionamento di medici, infermieri e tecnici è una falla che si apre nello scafo di un ospedale che ha l’aspetto di una nave crociera e la funzionalità di una scialuppa di salvataggio. A giugno a mettere pensiero è l’addio al camice del dottor Scaringi, che rischia di mandare ko l’ormai fragilissimo sistema dei laboratori analisi, con Magliano prossimo al collasso e con Rieti che resiste come può all’assalto quotidiano di centinaia di utenti solo a prezzo di artifici organizzativi che alla fine rischiano di costare più cari dell’assunzione di un nuovo medico. Ma è dalla seconda metà del 2011 che si contano i pensionamenti e si incrociano le dita: per il deficit che pesa sulla sanità laziale il turno over non è ammesso e le deroghe al blocco delle sostituzioni arrivano col contagocce e (quasi) per grazia ricevuta. Ma per ottenerle, le grazie, bisogna chiedere e da quello che si capisce a Rieti non si è chiesto abbastanza o abbastanza bene da ottenere qualcosa. E questo per colpa di un parterre regionale tanto affollato di politici reatini quanto sguarnito di consapevolezza e capacità di “lobbyng” per il territorio. Nel “Fabbisogno 2012” le “esigenze” dell’Asl per Rieti e provincia erano state stimate dalla direzione in 200 unità, ma ci si sarebbe accontentati di un impegno minimo di 57 unità: non è arrivato neanche quello e senza nemmeno meritarsi non un no ma almeno una risposta. L’incomunicabilità tra il livello locale e regionale sembra totale e anche in questo la politica ha le sue responsabilità. Ecco il perché delle porte spalancatissime al neo sindaco ieri all’Asl: c’è un deserto da abitare e in fretta, se non si vuole la desertificazione degli ospedali reatini. Foto: Emiliano GRILLOTTI © 29 Maggio 2012