(a.l.). Le stanze degli sconfitti si somigliano tutte, vuote e disadorne quanto nei giorni belli erano state affollate e chiassose. E nella vecchia sede di Forza Italia di via Garibaldi si vedono ancora meglio i muri scrostati e le sedie scompagnate e quasi non si riconosce quel tavolinetto coperto da un panno verde (sic) dietro al quale alla fine di febbraio erano seduti a promettersi lealtà e sostegno reciproco Antonio Perelli, Carmine Rinaldi e Chicco Costini. Erano le primarie, che oggi appaiono come una sorta di principio della fine: “Farle le dovevamo fare, era il partito a chiederle – dice ora Angelo Cicolani – Io ho anche sperato che con la lealtà di tutti ci aiutassero a ricomporre frazioni che erano già evidenti. Invece è successo esattamente il contrario e questo per la non correttezza politica di chi vi ha partecipato e ha perso”. “Non correttezza politica”: altro dalla bocca di Cicolani contro i tanti transfughi dal Pdl non esce. Eppure “certe divisioni hanno pesato, come pure le tante defezioni, alcune mosse da ragioni inconfessabili. Abbiamo dato l’immagine di una coalizione litigiosa e la gente non ci ha votato”. Forse oltre che litigioso il centro destra era anche esausto al punto di aver bisogno di un robusto rinnovamento? <Io nel cambiamento ci credevo, anche con le stesse persone – dice Cicolani – l’importante era si cambiasse il metodo. Ma le primarie ci hanno condizionato”. Si è detto e scritto che se foste saliti in corsa sul carro del grande centro trainato da Silvio Gherardi oggi a festeggiare ci sareste anche voi: “Non è con i sè che si fa la storia e comunque la nostra strada era tracciata. Non potevamo scaricare Perelli”. E’ stato Guglielmo Rositani ad imporlo? “No, assolutamente. Siamo stati in tanti a convergere su di lui e dopo il risultato ottenuto alle primarie tornare indietro sul suo nome significava generare nuove diaspore”. Foto: Gianluca VANNICELLI/Agenzia PRIMO PIANO © 21 Maggio 2012